GREEN ECONOMY, AD ECOMONDO PER SCOPRIRE IL RUOLO E LE PROSPETTIVE DELL’ITALIA.

Più di 1300 imprese si troveranno, tra il 6 ed il 7 novembre, all’interno della Fiera di Rimini per confrontarsi e discutere sull’importante tema dell’economia circolare. Sta infatti per iniziare, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, il patrocinio del Ministero dello Sviluppo Economico e la Commissione europea, la settima edizione degli Stati Generali della green economy nell’ambito di Ecomondo e Key Energy. Secondo l’UNEP (ossia il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) l’azione per il clima determinerà entro il 2030 la creazione di circa 18 milioni di nuovi impieghi a livello mondiale. Prendendo ad esempio l’industria del fotovoltaico si è registrato nel 2017 un record di incremento di posti di lavoro di circa l’8,7%. Parliamo quindi di un grandissimo generatore occupazionale che, anche in altri campi ed ambiti, può offrire importanti e nuove prospettive occupazionali. Lecito è oggi domandarsi in questo scenario quale sia il ruolo effettivo dell’Italia e quali prospettive di crescita può offrire questo tipo di business al nostro Paese. Quella dell’Expo europeo di Rimini potrebbe essere un’occasione unica per scoprirlo.

La realizzazione di una società sostenibile e competitiva con il coinvolgimento di tutti gli attori del sistema (imprese, istituzioni, associazioni e singoli cittadini) mediante azioni di valorizzazione ambientale(come ad esempio: la riduzione delle emissioni di gas serra, l’uso efficiente delle risorse, il risparmio dell’energia, l’utilizzo delle fonti rinnovabili o il riciclaggio dei rifiuti) è proprio l’obiettivo alla base della Green Economy. Puntare a raggiungere e superare entro il 2020 gli obiettivi della strategia europea, anche premiando le attività che raggiungono standard elevati di efficienza ambientale ed energetica, è uno degli ulteriori scopi che vengono portati avanti. A Rimini i lavori prenderanno il via con una sessione plenaria di apertura durante la quale verrà presentato il Report 2018 sullo stato dell’economia verde insieme alle sette priorità da realizzare nel corso dell’attuale Legislatura. Nel corso di questa edizione, inoltre, si parlerà delle nuove priorità normativo-regolatorie, di ricerca e formazione sul fronte dell’economia circolare, i nuovi processi, anche 4.0 e prodotti annessi alla sua adozione a livello industriale, nelle città e nei territori. Altro punto chiave analizzato sarà la piattaforma elaborata dal Consiglio nazionale della green economy rivolta in particolare ai decisori politici del Parlamento e del Governo, con l’intento di sviluppare un confronto costruttivo. L’evento sarà poi diviso in varie aree tematiche da quella rifiuti e risorse a quella sulla bio-economia circolare passando per l’energia, l’acqua, la bonifica e il rischio idrogeologico, analisi chimiche e monitoraggi e circular city e mobility.

In un Pianeta con risorse naturali limitate, che si è basato fino ad oggi su un modello ad elevato prelievo e consumo di risorse naturali, è necessario per forza di cose cambiare rotta. Sia che si tratti di prodotti tradizionali realizzati dalle nostre filiere industriali, sia che si tratti di sostanze organiche generate dalla terra o dal mare, c’è sempre un filo rosso che li unisce: la possibilità di essere riciclati, riutilizzati e soprattutto valorizzati. La cosiddetta “chiusura del cerchio” : dove tutto nasce, vive, muore e rinasce, magari sotto altre forme, per ritornare nel circuito economico e creare valore aggiunto. L’Europa crede così tanto in questa transizione che due anni fa ha adottato un pacchetto di misure, il “Circular Economy Package”, che stanzia ingenti finanziamenti in favore dei paesi membri: 1.150 milioni di euro gestiti direttamente dall’Ue (650 attraverso il progetto Horizon 2020 e 500 attraverso progetti di partnership pubblico-private, i cosiddetti PPPs) e altri 5,5 miliardi di fondi strutturali a disposizione delle regioni. Nei diversi ambiti della green economy l’Italia si colloca mediamente in seconda posizione in Europa in termini di ricerca ed innovazione, come presenza nei progetti finanziati da Horizon 2020 e dalle correlate Public Private Partnerships, e come numero di start-up innovative.

Per alcuni materiali biologici – come il legno o le fibre vegetali – la circolarità può consistere nel riciclo e nel riutilizzo; per altri – come i rifiuti organici – può consistere nella produzione sia di energia rinnovabile, da biogas e bio-metano, sia di compost che restituisce sostanza organica ai terreni. Diversi utilizzi dei bio-materiali alimentano così quella che viene chiamata la cosiddetta rivoluzione della “bio-economia” che comprende attività economiche in crescita, in grado di generare importanti benefici ambientali e occupazionali. Economia circolare e bio-economia, in quanto attività di una green economy, dovrebbero comunque prestare attenzione complessiva e integrata alla sostenibilità ambientale: il prelievo di materiali biologici, in aumento anche per sostituire quelli non rinnovabili, perché sono biodegradabili e in genere più ecologici e perché sono fonti rinnovabili di energia, non dovrebbe mai andare a discapito della tutela della biodiversità e non dovrebbe cambiare la funzione primaria dell’agricoltura. Si tratta di una partita fondamentale perché le grandezze in gioco sono importanti. La bio-economia ad esempio nel 2014 rappresentava il 9% del totale dell’economia europea e oltre il 25% dei flussi di materiali impiegati: per il 63% provenienti dall’agricoltura, per il 36% dalla silvicoltura e solo l’1% dalla pesca. Secondo le stime dell’OCSE, entro il 2030, le biotecnologie avranno un peso enorme nell’economia mondiale: 50% dei prodotti agricoli, 80% dei prodotti farmaceutici, 35% dei prodotti chimici e industriali, incidendo complessivamente per il 2,7% del Pil globale. In Europa l’economia circolare oggi vale già più di 2 mila miliardi di euro e dà lavoro a 22 milioni di persone; in Italia invece vale 254 miliardi di euro e occupa circa 1,7 milioni di persone. Ogni euro investito nella bio-economia oggi, si aspetta che, genererà un valore aggiunto di 10 euro entro il 2025. Numeri tanto alti per capire che la posta in gioco è altissima.

Giovanni Bozzetti

By |Il Punto|0 Commenti